Future Manager Italy Insights
Author: Future Manager Research Center
I primi anni ’90 sono stati spesso descritti come onna no jidai ossia “l’era delle donne”. Le donne in Giappone non solo avevano raggiunto una grande misura di uguaglianza all’interno di una società altamente ricca, ma potevano anche esercitare la propria libertà di scelta sotto una molteplicità di forme. A quel tempo, sembrava che potessero aspirare a condurre una vita appagante, più felice, più piena ed equilibrata rispetto ai colleghi maschi che erano legati esclusivamente al loro lavoro. È stato anche il periodo di progressi significativi compiuti dalle donne per assicurarsi maggiori diritti e opportunità nella sfera domestica, sul posto di lavoro, nelle scuole e in campo politico, in particolare nel decennio successivo al United Nations International Women’s Year (1975).
L’approvazione della EEOL, Equal Employment Opportunity Law (Legge sulle pari opportunità di impiego) nel 1985 aprì la strada alle donne con istruzione universitaria all’interno delle aziende giapponesi, un tipo di carriera che precedentemente era riservata ai soli uomini. Inoltre, la legge sul congedo per la cura dei bambini del 1991 (Child Care Leave Law) imponeva alle aziende di garantire un congedo non retribuito a uno dei genitori fino a quando il bambino non avesse raggiunto l’età di un anno. Diverse professioni e occupazioni che prima includevano solo persone di sesso maschile ora ammettevano anche le donne, molte delle quali provenivano da università quadriennali, e che forse vennero influenzate dall’aumento dei corsi di studio femminili promossi da numerosi campus universitari. Le donne all’interno delle politiche locali, regionali e nazionali aumentarono in numero e visibilità. Le donne sposate, comprese quelle con bambini, entrarono ufficialmente nel mondo del lavoro partecipando a una vasta gamma di attività al di fuori dei confini tradizionali della casa (inclusi programmi di apprendimento per adulti, lavori di volontariato, movimenti ambientali, politici e pacifisti). Anche se questi erano passi incerti, il clima sembrava carico di ottimismo. Insomma, sembrava non esserci fine alla crescente ascesa delle donne.
Quasi trent’anni dopo, il quadro appare decisamene meno roseo e i progressi sono scarsi. Una serie di semplici fatti lo dimostrano: in primo luogo, basta analizzare il Gender Empowerment Measure (GEM) che valuta la misura in cui le donne partecipano alla vita economica e politica assumendo posizioni di leadership e di policy-making. Nel 2020, la classifica del GEM collocava il Giappone al 121° posto su 153 nazioni in termini di parità di genere, un calo di 11 posti rispetto alla classifica dell’anno prima, quando si era classificato 110°, e un calo di 41 posti rispetto al rapporto del 2006 (primo anno in cui il paese si è classificato all’80° posto). Sulla base dell’attuale classifica, il divario di genere del Giappone è il più grande tra le economie avanzate.
Cercare di comprendere cosa ci sia dietro il persistente divario di genere in Giappone, significa affrontare un argomento delicato e complesso. Invece di soffermarsi sugli aspetti negativi dell’argomento, sarebbe più opportuno dare credito e visibilità a episodi che sono auspici per un futuro migliore nel campo della parità di genere.
Uno episodio rilevante e profondamente interessante si è verificato il mese scorso proprio in Giappone, e la protagonista è una studentessa universitaria giapponese di 22 anni di nome Momoko Nojo.
Come se le Olimpiadi di Tokyo non avessero abbastanza ostacoli da superare, primo fra tutti quello della pandemia globale in corso che ha indotto le persone a chiedersi se sia giusto che i Giochi Olimpici 2020, già rinviati, debbano effettivamente aver luogo la prossima estate. Si aggiunge l’ex primo ministro del Giappone e presidente dei Giochi olimpici di Tokyo 2020, Yoshiro Mori, il quale ha recentemente rilasciato una dichiarazione scioccante riferita alle donne operanti sulla scena globale:
“You have to regulate [women’s] speaking time to some extent, or else we’ll never be able to finish.”
Queste sono le parole pronunciate da Yoshiro Mori che ha risposto ai membri del Comitato Olimpico giapponese (con i giornalisti presenti), quando gli è stato chiesto di commentare il piano per aumentare il numero di membri del consiglio femminile a oltre il 40%. Questo non è stato il suo primo “scivolone”, ma questa volta non è passato inosservato.
È qui che entra in gioco Momoko Nojo. Come molti in Giappone e nel mondo, la studentessa di economia del quarto anno alla Keio University è stata profondamente offesa dalle dichiarazioni del Primo Ministro, tanto che ha deciso di lanciare una campagna online contro il potente capo delle Olimpiadi di Tokyo e le osservazioni sessiste da lui fatte. Momoko Nojo non si sarebbe mai aspettata che la sua iniziativa potesse generare un’eco così grande su tutti i media locali e esteri. Infatti, in meno di due settimane, la sua campagna (organizzata con altri attivisti) accompagnata dall’hashtag #DontBeSilent ha raccolto più di 150.000 firme, galvanizzando l’indignazione globale contro Yoshiro Mori. Le dichiarazioni sessiste hanno portato a chiedere su Twitter le dimissioni di Mori, con alcuni lettori che hanno notato che la discriminazione contro le donne, o la discriminazione in qualsiasi forma, sia essa di razza, religione, nazionalità o orientamento sessuale, va contro i principi della Carta Olimpica.
L’attivismo di Nojo è nato da un anno di studi in Danimarca, un paese che ha scelto una donna (Mette Frederiksen) come prima ministra nel 2019. In quel momento, il desiderio e la necessità di fare di più per l’uguaglianza di genere nel suo paese natale è nato dentro di lei; così, due anni fa, Momoko Nojo ha fondato la sua organizzazione no-profit “No Youth No Japan”. Durante un’intervista, questa coraggiosa giovane donna ha aggiunto qualcosa in più riguardo la sua posizione sull’argomento. Il suo attivismo era motivato da domande le sono state rivolte dai colleghi maschi come: “Sei una ragazza, quindi devi andare in una scuola superiore che abbia delle belle uniformi scolastiche, vero?” oppure “Anche se non trovi un lavoro dopo esserti laureata, puoi sempre fare la casalinga, no?” Ora potete ben capire da dove proviene il disappunto di Momoko.
Quello che è successo dopo il suo intervento pubblico ha dell’incredibile. Nonostante il rifiuto iniziale di scusarsi o dimettersi, sotto l’estrema pressione dell’opinione pubblica, Yoshiro Mori alla fine si è dimesso da presidente del comitato organizzatore olimpico di Tokyo. Le sue dimissioni sono arrivate poco più di cinque mesi prima che le Olimpiadi rinviate si svolgessero nel bel mezzo di una pandemia, con l’opinione pubblica schierata in maniera schiacciante contro i giochi. Il consiglio esecutivo non scelse immediatamente un successore per Mori, fatto che portò molti cittadini a presumere che alla fine sarebbe stato sostituito da un uomo addirittura più anziano di lui. Poco tempo dopo, contro ogni previsione, Seiko Hashimoto è stata scelta per sostituire Mori. La signora Hashimoto è un’ex campionessa olimpica e un politico ben visto che rappresenta una doppia vittoria per la signora Nojo e per tutto il Giappone.
È anche importante notare che, nella sua lotta, Momoko Nojo ha sfruttato il potere dei social media, che sono dei mezzi in grado di dare voce a coloro che, altrimenti, avrebbero dovuto combattere duramente per riuscire a stare sotto i riflettori. In confronto ai giovani di altri paesi del mondo, quelli giapponesi raramente si fanno avanti per protestare contro l’ingiustizia, specialmente di fronte all’élite maschile al potere. Il successo della campagna della signora Nojo è un altro buon segno per il futuro. Ha dimostrato che la generazione più giovane può utilizzare strumenti digitali per sfidare l’autorità della classe dirigente “analogica” in Giappone, un paese che è arrivato significativamente dopo altre grandi economie globali nel campo della digitalizzazione. Il fatto che una giovane donna possa sfruttare con successo il potere di Internet in una campagna contro la classe dirigente paternalista costituisce un potente esempio per gli altri.
Anche se c’è ancora molta strada da fare, questo episodio rappresenta un cambiamento significativo e positivo per il Giappone, che sta assistendo a importanti evoluzioni sul fronte dei diritti delle donne. In questo senso, Momoko Nojo è diventata l’ultimo esempio di donne al di fuori della politica tradizionale in Giappone che lottano per portare un cambiamento sociale nella terza economia più grande del mondo, dove, come detto prima, la discriminazione di genere, i divari salariali e gli stereotipi dilagano. Alla luce di tutto ciò, è fondamentale dare credito a giovani donne come la signora Nojo per essersi schierata contro il “club degli anziani” che tende a essere dominante in Giappone. Momoko Nojo è una vera guerriera che si batte per l’uguaglianza di genere e un esempio per i giovani in tutto il Giappone e oltre.